Ileana Bonadies presenta il libro del giornalista, scrittore e ricercatore universitario Michelangelo lossa “La RAI a Napoli 1963/2023: sessant’anni di televisione all’ombra del Vesuvio”.
Il 7 marzo 1963 in Via Marconi a Fuorigrotta, Napoli, apre il centro di produzione RAI, uno dei poli produttivi della radio-televisione italiana, insieme a Torino, Milano e Roma. In quel periodo l’Italia viveva il boom economico, un periodo di prosperità e ripresa contrapposto al dopoguerra. Diventava uno dei paesi più ricchi e industrializzati, caratterizzato da un PIL pari all’ 8,9%, dall’utilizzo della lira, dalla nascita di case automobilistiche come la Fiat, di fabbriche come l’Olivetti con sede a Pozzuoli, e supermercati come l’Esse Lunga. Diventano delle icone la Vespa e la 500. Due riforme in particolare caratterizzano l’anno 1963: la scuola media unificata e la nazionalizzazione dell’energia elettrica. Entrano, infatti, nelle case degli Italiani elettrodomestici come lavapiatti, lavapanni e “Frigider”.
“INFORMARE, EDUCARE E DIVERTIRE” sono gli obiettivi prefissati dalla Rai che, insieme a figure come Mike Bongiorno, favorì la grande alfabetizzazione di una popolazione ancora legata ai dialetti locali. In mancanza di un presidio nel centro Italia, viene scelto come luogo di costruzione per uno dei più grandi auditorium d’Italia il quartiere agricolo e arioso di Fuorigrotta che ospita l’intera infrastruttura sportiva cittadina (lo Stadio, la Piscina Scandone, il Palazzetto dello Sport, l’Ippodromo e il Cinodromo), il polo fieristico della Mostra d’Oltremare, l’Edenlandia e il Giardino Zoologico. La Rai viene inaugurata il 7 marzo 1963, nello stesso giorno in cui si girava lo sceneggiato “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij. Nel libro lossa cita le “19 trasmissioni simbolo” che hanno contraddistinto il centro di produzione Rai: il primo Eurovision Song Contest, Furore, Senza rete (esibizioni senza playback di molti cantanti), Per un pugno di Libri, Un posto al sole e Made in sud.
L’autore dedica ampio spazio al repertorio architettonico, coinvolgendo nomi di architetti italiani come Renato Avolio De Martino e Raffaele Contigiani. Le trasmissioni che non trovano posto tra le pagine del libro, invece, sono Pippo Chennedy Show e MediaMente (prima striscia sulle nuove tecnologie). Nel 1954 esisteva solo il Primo canale internazionale Rai. I programmi televisivi lanciati inizialmente a Roma, Milano e Torino che riscuotevano successo venivano trasferiti nel sud. La platea napoletana, difatti, era molto più calorosa di quelle del nord e non necessitava della figura dello “scalda pubblico” che tiene vivo il pubblico nei momenti particolari della trasmissione.
Gli assistenti e gli impiegati della Rai, a differenza degli altri centri di produzione in cui mancava l’aspetto umano, accoglievano e trattavano con premura tutti i personaggi televisivi. Per questo motivo molti conduttori come Amadeus e Stefano De Martino “metterebbero la firma” per lavorare solo per le trasmissioni a Napoli. Ambientata a Posillipo, “Un posto al sole” è la più longeva soap opera, che consta di 7000 puntate. Prende ispirazione dall’idea australiana di “Neighbours”, interrotta nel 2022, mentre “Un posto al sole” ancora ci sarà. I produttori nordici, meno esperti nella realizzazione di fiction seriali, richiesero l’aiuto delle maestranze napoletane per produrre “Il paradiso delle signore”, girata tra Milano e Torino.
Claudia Damiano, Claudia Lo Conte
Michelangelo Iossa alla domanda “Quanto influiscono i social sulle produzioni televisive?” ha riposto che hanno condizionato sia positivamente che negativamente. Questo è il caso di Amadeus, “vecchia volpe della Tv”, che ha costruito un Sanremo parallelo attraverso i social, lasciando campo libero ai ragazzi di scatenarsi con meme e il Fantasanremo. Intuisce che la forza dei social consiste nel commentare ciò che succede in diretta, viceversa ha danneggiato la comicità.
Claudia Lo Conte e Claudia Damiano