Sab. Lug 27th, 2024

La condizione delle carceri in Italia: intervista a Samuele Ciambriello, garante dei diritti dei detenuti in Campania

“Il livello di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni” diceva Dostoevskij. E se consideriamo la situazione carceraria italiana, siamo molto lontani da un buon livello  di civiltà. 

Il primo aspetto che salta subito all’occhio è l’impressionante numero di suicidi. L’Italia infatti si colloca al decimo posto per tasso di suicidi in Europa, con un’incidenza  sedici volte più alta che fuori. 

Altro dato preoccupante secondo Antigone, associazione per i diritti e le garanzie del  sistema penale, ben 25 istituti carcerari sul territorio nazionale presentano un  sovraffollamento del 150% con dei picchi di oltre il 190%. 

I casi più critici si riscontrano negli istituti di Latina con tasso di affollamento del 194.5%,  Milano San Vittore che con 255 posti non disponibili presenta un tasso di  sovraffollamento del 190,1%, Busto Arsizio con il 174,7% e Lucca con il tasso del  171,1%. 

Altra piaga sono le sistematiche violenze nei confronti dei detenuti da parte delle guardie  penitenziare. Uno dei casi più eclatanti è quello del carcere d’Ivrea dove la  procura d’Ivrea ha aperto un’inchiesta nei confronti di 45 persone tra agenti, medici e  funzionari che si sarebbero macchiati di sistematici pestaggi. Come emerge dalle testimonianze dei detenuti, si parla di umiliazioni fisiche, braccia  fratturate, perquisizioni perpetue ingiustificate e l’impossibilità da parte dei detenuti di avere  contatti con i propri legali. 

In merito a ciò, abbiamo intervistato il garante dei diritti dei detenuti Samuele Ciambriello: “Cosa dovrebbe essere idealmente l’istituzione carceraria secondo lei?”  “Non lo dico io, ma l’articolo 27 della costituzione al comma 3 afferma che il carcere e  che le pene servono a rieducare. In tutta Europa, se una persona commette un medio o  piccolo reato la risposta è al plurale: le pene. Lavori socialmente utili, messa in prova,  sanzioni a carattere economico per chi ha la possibilità di pagarle. Il carcere è un’estrema  ratio. In Italia, invece, la risposta è sempre il carcere. Nel mio libro “Il carcere” ho voluto  evidenziare che l’anagramma di carcere è “cercare”. Il carcere deve passare dall’essere  un luogo di reclusione all’essere un luogo di inclusione.” 

“Quanto è importante il lavoro nella riabilitazione del carcerato?”  “Se una persona viene condannata a 5, 10 anni o all’ergastolo in che modo può scontare  la pena? La certezza della pena passa attraverso il diritto alla salute, il diritto allo studio,  al lavoro. Se aiuto una persona a vivere meglio il periodo carcerario dandole la possibilità  di istruirsi e lavorare c’è più possibilità che si reintegri e ciò contribuisce ad evitare che  queste persone tornino in carcere rendendo le nostre città più sicure. Il carcere è solo una  risposta semplice a problemi complessi.” 

“Uno dei problemi del nostro sistema carcerario è l’alto tasso di recidiva, cosa  possiamo fare per abbassarlo?”  

“In Italia il 68% delle persone che commette un reato e finisce in carcere ci ritorna. Per  aumentare la percentuale del 30% delle persone che non tornano in carcere è necessario  migliorare l’implementazione di figure fondamentali come psicologi, psichiatri, educatori e  volontari.  

In carcere spesso queste figure le si vedono solo il primo giorno e poi direttamente dopo  un anno. Dobbiamo incrementare la presenza di chi fa da ponte  verso la rieducazione.”

“Tempo fa la Procura d’Ivrea aveva aperto un’indagine riguardo gli abusi subiti dal  detenuti da parte di psicologi e agenti penitenziari, nella sua esperienza vi sono mai  stati casi simili? Quali provvedimenti sono stati presi nel caso?”  “Nel 2020 allo scoppio della pandemia vi fu una rivolta a Salerno, un gruppo di detenuti  tossicodipendenti era salito sul terrazzo del carcere poiché con l’inizio della pandemia i  colloqui con i familiari erano stati sospesi. Sempre nel 2020 ad Aprile vengo a sapere che a Secondigliano, dove stavano protestando, circa 300 agenti nel carcere di Santa Maria  Capua Vetere hanno maltrattato e torturato un gruppo di detenuti. Nei giorni seguenti  sentendo le testimonianze di alcuni detenuti ho sporto denuncia alla Procura di Santa  Maria Capua Vetere. Il giorno dopo la Procura mandò i carabinieri a sequestrare le  telecamere e i magistrati iniziarono ad interrogare i detenuti. A Giugno vennero inviati i  primi avvisi di garanzia. Sempre in quel periodo molti politici visitarono il carcere e tra  questi Matteo Salvini difese gli agenti. A dicembre però le immagini confermarono gli  abusi e 104 agenti e comandanti furono rinviati a giudizio. Mi sono dunque costituito  come parte offesa all’interno del processo che tutt’oggi va avanti. La sentenza Torregiani,  che riguardava lo stato di un detenuto di Busto Arsizio, ha condannato l’Italia per le  squallide condizioni a cui sono sottoposti i detenuti.”

Giorgio Pirozzi, Raffaele Borrelli

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