Da tempo si parla di “pensiero debole”, un concetto introdotto in filosofia dai filosofi
italiani Gianni Vattimo e Pier Aldo Rovatti esponenti del postmodernismo europeo,
è un tipo particolare di sapere caratterizzato dal profondo ripensamento di tutte
le nozioni che erano servite da fondamento alla civiltà occidentale in ogni campo
della cultura. Questo mutamento, introdotto secondo Vattimo e Rovatti dall’opera
di pensatori come Friedrich Nietzsche e Martin Heidegger, è caratterizzato dal
cadere di numerosi presupposti fondanti della filosofia classica e della tradizione
filosofica occidentale. Mentre Vattimo si iscrive chiaramente nella tradizione
dell’ermeneutica moderna, occupandosi dell’indebolimento del concetto Essere,
Rovatti è piuttosto fedele al pensiero fenomenologico tramandatogli dal suo
maestro Enzo Paci e si dedica all’indebolimento delle certezze soggettive. Secondo il
pensatore torinese Vattimo, il compito attuale della filosofia non è quello
d’interrogarsi sulla verità, ma di portare alle estreme conseguenze la crisi epocale
che si è espressa attraverso il processo di secolarizzazione. Vattimo porta a fondo
l’attacco alle filosofie che presuppongono un “fondamento”, all’illuminismo, al
logocentrismo, al marxismo e insomma quello che è il “pensiero forte” e totalitario
del moderno; e teorizza l’avvento di un’età nuova, regolata da un “pensiero debole”,
non dimostrativo e aggressivo, ma volto alla “pietas” nei confronti dei valori storici
tramandatici e alla realizzazione di un soggetto non unitario né subordinato
all’autocoscienza logica, ma molteplice e poliedrico. Come si può facilmente arguire,
Vattimo sostiene una posizione nichilistica e tuttavia informata ad un nichilismo non
radicale come quello dei decostruttivisti, ma “morbido” e disposto anche alla
comprensione delle tracce dei vecchi valori. Ovviamente viene invalidata l’idea della
storia come rinnovamento continuo e percorso dotato di senso; anzi, la dissoluzione
postmodernistica della categoria del nuovo viene salutata come “fine della storia”. Il
modello di “pensiero debole” si riscontra soprattutto nell’arte che offre un modello
di “verità” mobile e suscettibile di infinite interpretazioni; anzi, asserisce il filosofo
torinese in La fine della modernità (1985), ” l’esperienza postmoderna della verità è
un’esperienza estetica “. Per Vattimo il pensiero è arrivato alla fine della sua
avventura metafisica. Ormai non è più proponibile una filosofia che esiga certezze e
fondamenti unici per le teorie sull’uomo, su Dio, sulla storia, sui valori.
Filosofi
Per più di 35 anni Pier Aldo Rovatti (Modena 1942) ha insegnato Filosofia
contemporanea, Filosofia teoretica ed Estetica a Trieste. Dal 1974 dirige la rivista di
filosofia “aut aut”. Si è formato a Milano alla scuola fenomenologica di Enzo Paci. Ha
scritto monografie su Sartre, Whitehead, Marx, Levinas, Heidegger, e si è
prevalentemente occupato della questione della soggettività approfondendo i temi
del gioco, del paradosso, del silenzio e dell’ascolto, e sviluppando i presupposti del
“pensiero debole” (cui ha dato vita nel 1983 insieme a Gianni Vattimo). Negli ultimi
anni si è soprattutto relazionato alle ricerche di Michel Foucault e Jacques Derrida.
Tra le sue pubblicazioni più recenti: Abitare la distanza. Per una pratica della filosofia
(Cortina, 2007); Etica minima. Scritti quasi corsari sull’anomalia italiana (Cortina,
2010); Noi, i barbari (Cortina, 2011); Un velo di sobrietà (il Saggiatore, 2013;
Restituire la soggettività. Lezioni sul pensiero di Franco Basaglia (Alfabeta, 2014); Un
velo di sobrietà (il Saggiatore, 2013); La filosofia è un esercizio, con Nicola Gaiarin
(La Nave di Teseo, 2020). Collabora con i quotidiani “la Repubblica” e “Il Piccolo”,
dove tiene una rubrica settimanale. Gianni Vattimo invece è stato un grande
studioso di Schleiermacher, Nietzsche, Heidegger e Gadamer, del quale ha curato la
traduzione italiana di Wahrheit und methode (Verità e metodo). Negli anni’80
Vattimo è stato protagonista del dibattito filosofico con la sua teoria legata
all’orizzonte teoretico nietzschiano e heideggeriano, ma anche a quello del dibattito
sul postmoderno, la teoria di un “pensiero debole” con l’abbandono delle pretese di
fondazione della metafisica tradizionale e dalla relativizzazione di ogni prospettiva
filosofica o politica da intendersi come definitiva. La complessità del suo pensiero,
pone Vattimo tra i principali filosofi postmoderni. Fra le sue numerose opere,
Essere, storia e linguaggio in Heidegger (1963), Poesia e ontologia (1967),
Schleiermacher filosofo dell’interpretazione (1968), Il soggetto e la maschera (1974),
monografia su Nietzsche, Le avventure della differenza (1980), Al di là del soggetto
(1981), Il pensiero debole (raccolta di saggi curata in collaborazione con Pier Aldo
Rovatti del 1983). Fra le ultime fatiche di Vattimo, Scritti filosofici e politici del 2021.
Giuseppe De Martino